Terapia chetogenica: Principi

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Terapia chetogenica PrincipiPer terapia chetogenica si intende la cura di patologie (come l’obesità o l’epilessia farmaco resistente) e di alcuni disturbi ad esse collegate attraverso un regime alimentare che obbliga il fisico a produrre energia non dalla normale assunzione di carboidrati, ma dai grassi che, attraverso la produzione di sostanze acide conosciute come chetoni (o corpi chetonici), riescono a garantire, almeno nel breve termine, un corretto apporto energetico alle cellule continuando a salvaguardare la massa grassa.

Dieta chetogenica

Dieta chetogenicaLa fonte di energia primaria per il fisico è il glucosio, uno zucchero che può essere trovato direttamente in natura, ma può anche essere sintetizzato da carboidrati più complessi. Per forza di cose la riserva di questa sostanza per periodi “di magra” è molto scarsa e il corpo, in particolari condizioni (soprattutto quando per qualche motivo si riduce sensibilmente l’apporto giornaliero di carboidrati), è in grado di raccogliere l’energia necessaria al sostentamento cellulare dal metabolismo dei grassi e da alcuni loro sottoprodotti acidi, ovvero i chetoni (che fungono da sostituti degli zuccheri, in quanto sono molto più piccoli dei lipidi e molto più facilmente trasportabili e assimilabili dalle cellule). Questa situazione anormale in cui il fisico è costretto si chiama chetosi e la dieta chetogenica è un particolare regime alimentare che obbliga il corpo proprio in questa condizione.

In realtà quando si parla di dieta chetogenica, o di terapia chetogenica, non si intende un unico protocollo alimentare valido in tutti i casi, ma ci si riferisce a tutte quelle abitudini che obbligano il corpo nella condizione di chetosi. Abbiamo accennato al fatto che le terapie chetogeniche stanno già dando ottimi riscontri nel trattamento sia di patologie primarie (tipo l’obesità e l’epilessia farmaco resistente), sia di malattie collegate a queste. Ultimamente la ricerca medica sta indagando se i regimi alimentari di questo genere sono in grado di poter aiutare anche nel caso di sindromi tumorali, nervose (come il Parkinson o l’Alzheimer), o endocrine (si consideri al riguardo il diabete).

Se nel breve e medio termine la dieta chetogenica è in grado di dare ottimi risultati, diverso è il caso di regimi alimentari di questo genere protratti per lunghi periodi di tempo: la concentrazione di chetoni, che comunque il corpo produce anche in condizioni normali perché utili ad esempio alle cellule cardiache, non deve mai superare una determinata soglia, altrimenti possono presentarsi delle complicanze molto gravi, che possono portare (ovviamente nei casi più problematici e spesso in presenza di importanti patologie di contorno) anche alla morte del paziente. Per questo motivo non bisogna mai avvicinarsi a questo genere di dieta senza stretto controllo del medico competente, rappresentato dalle figure del dietista, del dietologo o del nutrizionista.

Storia delle terapie chetogeniche

Anche se del cosiddetto digiuno terapeutico si trovano tracce sin dall’antichità, è solo durante gli anni Venti del XX secolo che si hanno le prime testimonianze della dieta chetogenica. Questa terapia, più bilanciata e meno pericolosa del semplice digiuno, venne studiata per pazienti pediatrici affetti da una particolare forma di epilessia resistente ai farmaci allora in commercio. Il riscontro fu totalmente positivo, tanto che ancora oggi la dieta chetogenica viene prescritta in casi analoghi.

Storia delle terapie chetogenicheDurante gli anni ‘60 – ‘70, nei quali andava sempre più aumentando la concentrazione di pazienti obesi (con tutte le patologie di contorno collegate a questa condizione), si è iniziato a studiare un protocollo che fosse utile a perdere velocemente peso senza andare eccessivamente a discapito della massa magra. Ecco allora che prese forma la dieta chetogenica come la conosciamo oggi: apporto di carboidrati minimo (non più di 50 – 60 grammi al giorno); vitamine e sali minerali provenienti prevalentemente da verdura a foglia della stagione; alto contenuto di grassi, da preferire gli oli vegetali ai grassi di origine animale; proteine di carne, pesce e derivati (possibilmente freschi e non stagionati) quel tanto che serve a non intaccare i tessuti muscolari e contemporaneamente a limitare il processo di neoglucogenesi degli amminoacidi (procedimento per cui proprio da queste sostanze il fegato è in grado di sintetizzare glucosio rischiando di annullare, di fatto, lo stato di chetosi).

A partire dagli anni ‘90 si sono andate sviluppando delle mode fai-da-te, spesso molto pericolose soprattutto per l’apparato renale, che imitano il delicato equilibrio della dieta chetogenica (che comunque non deve mai essere mantenuta per più di qualche settimana), ma che non sono altrettanto efficaci. Come si riconosce una terapia chetogenica da una moda che induce uno stato di chetosi? Intanto lo stretto controllo medico: ogni scheda alimentare è basata esclusivamente sullo stato clinico del paziente e non esiste una pianificazione valida per tutti. In secondo luogo il rapporto con i carboidrati: molte mode arrivano quasi a demonizzare l’assunzione di queste sostanze, che comunque sono fondamentali ad esempio per le cellule del cervello (il cui unico carburante è il glucosio); al contrario, una vera dieta chetogenica sa che per essere efficace e non troppo pericolosa per il paziente deve tenere sotto controllo l’assunzione di carboidrati e di carne e bilanciare con i grassi di alta qualità.

Conclusioni

La terapia chetogenica è, come abbiamo visto, una dieta alimentare che obbliga il corpo a scegliere come carburante preferito il grasso e non il carboidrato (come normalmente avviene). Questa scelta porta alla produzione di particolari sostanze, chiamate chetoni, che fanno un po’ le veci del glucosio, per cui si muovono molto rapidamente al livello ematico e cellulare, rendendo semplice la loro assimilazione.

Anche se al giorno d’oggi la ricerca non è ancora conclusa, le terapie chetogeniche (non esiste un unico protocollo in quanto, data la delicatezza del nuovo procedimento metabolico, la scheda alimentare viene bilanciata sul singolo paziente) sono in grado di aiutare nel breve e medio termine persone affette da obesità ed epilessia. Dato che l’unica maniera di espellere i chetoni è o con il respiro o con la diuresi, non è bene protrarre per lungo tempo il regime chetogenico perché si rischiano gravi complicanze al livello renale e in generale per l’intero organismo.

Normalmente i pazienti, dopo i primi giorni di adattamento un po’ più problematici (conosciuti anche come cheto-influenza, per via del generale senso di spossatezza, simile a quello provocato dai più comuni stati influenzali), riferiscono un’elevata energia psico-fisica e un minore senso di fame, con ottimi risultati quanto a perdita di massa grassa. Se si è interessati a provare questo regime alimentare è quindi assolutamente sconsigliato tentare le vie del fai-da-te, per quanto possano sembrare promettenti, per affidarsi al medico competente. Magari i risultati saranno più lenti, ma almeno non si corrono rischi inutili.

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