Sindrome dell’intestino irritabile

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Sindrome dell’intestino irritabile

La sindrome dell’intestino irritabile (conosciuta anche con gli acronimi di SII, IBS o irritable bowel syndrome, IBD o irritable bowel disease) è una patologia a carico dell’intestino caratterizzata da dolore addominale e alterazioni nel processo di defecazione, sia in senso stitico che diarroico, con presenza di meteorismo. Occorre precisare un aspetto: la SII non è causata da una infiammazione dell’intestino, come avviene nel caso della colite spastica, con cui la sindrome dell’intestino irritabile è spesso confusa.

Sindrome dell’intestino irritabile: cause principali e incidenza

Sindrome dell’intestino irritabile cause principali e incidenzaSolitamente molto frequente nella popolazione femminile, con un rapporto di 2:1, si stima che circa il 10% delle persone nel mondo soffra di sindrome dell’intestino irritabile.

Purtroppo ancora oggi non è ben chiaro quali siano le cause alla base dello sviluppo della SII, per questo motivo per fare una diagnosi realistica occorre che ci siano due condizioni contemporaneamente:

  1. Esclusione di malattie e patologie particolari del tratto intestinale (che possono dare sintomi simili) come alterazioni anatomiche o metaboliche, processi infiammatori, neoplasie, intolleranze alimentari;
  2. Dolore addominale generale e ricorrente, coincidente con lo stimolo della defecazione (che risulta alterato, con una preponderanza di stitichezza, di diarrea o con un’alternanza tra queste due condizioni), presente per almeno un giorno a settimana per almeno tre – sei mesi.

Anche se non si sa con certezza quale sia la causa patogenetica alla base dello sviluppo della sindrome dell’intestino irritabile (le ipotesi più comuni sono predisposizione genetica, precedenti episodi infettivi acuti o ipersensibilità viscerale), è innegabile che uno dei fattori più importanti per lo sviluppo della SII è legato alla psiche del paziente: molto spesso la malattia si evolve nel tempo con momenti di remissione e riesacerbazione, questi ultimi in molti casi coincidenti con situazioni di forte stress psico-fisico. In più spesso i sintomi stessi della SII possono essere causa di ulteriore stress o ansia, peggiorando la malattia e alimentando un vero e proprio circolo vizioso.

Sindrome dell’intestino irritabile: diagnosi e terapia

Abbiamo visto che per iniziare a parlare di sindrome dell’intestino irritabile occorre che per un periodo di almeno tre mesi il paziente registri dolore addominale diffuso, soprattutto in coincidenza della defecazione che può risultare alterata sia nella frequenza che nella qualità delle feci. Spesso e volentieri l’anamnesi, ovvero il racconto del paziente, è l’unica via certa per poter diagnosticare la SII, a patto che si escludano alcuni segnali d’allarme evidenziati eventualmente da esami obbiettivi e diagnostici:

  • Sangue nelle feci;
  • Anemia;
  • Febbre;
  • Eccessiva perdita di peso;
  • Risveglio provocato dal dolore.

Una volta appurato con il gastroenterologo che siamo in presenza di SII, occorre che il paziente sia quanto più possibile sincero con il suo medico, per indagare insieme quali situazioni o alimenti assunti possano favorire nuove crisi e in quale maniera intervengono su di esse.

Sindrome dell’intestino irritabile diagnosi e terapiaIn molti casi di SII, specialmente in quelli in cui è molto importante la presenza di diarrea, è stata studiata una stretta correlazione tra l’assunzione di Fodmap (un particolare tipo di carboidrati a catena corta, difficilmente digerito dall’intestino tenue) e lo sviluppo dei sintomi tipici della sindrome dell’intestino irritabile. Per questo motivo tra le prime azioni che vengono fatte in presenza di diarrea è limitare per quanto possibile l’assunzione di queste sostanze (come fruttosio, sorbitolo e mannitolo).

Al contrario, in caso di stitichezza o meteorismo è bene procedere con l’assunzione quotidiana di preparati a base di glicole polietilenico (anche conosciuto con gli acronimi di PEG, PEO od ossido di polietilene, POE o poliossietilene) e di sali minerali per stimolare l’evacuazione.

Abbiamo visto che la componente psicologica è fondamentale per disinnescare un vero e proprio circolo vizioso che può instaurarsi, specie nel caso di periodi particolarmente stressanti dal punto di vista psico-fisico. Per questo motivo può rivelarsi particolarmente utile il ricorso a un adeguato supporto psicoterapeutico che possa aiutare e sostenere il paziente, non solo con il ricorso a una terapia di tipo farmacologico.

Una terapia innovativa nel trattamento della SII sembra essere il biofeedback, ovvero l’insegnamento mediante illustrazione dell’anatomia (soprattutto in relazione al pavimento pelvico) al paziente per gestire per quanto possibile il proprio stimolo, sia in caso di incontinenza che in situazioni di stitichezza.

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