Che si parli di ossigenoterapia o supplementazione di ossigeno poco importa: ci sono dei momenti in cui i livelli di ossigeno, elemento di fondamentale importanza per il metabolismo cellulare, possono diventare pericolosamente bassi e per questo motivo è fondamentale sopperire a queste carenze in maniera artificiale. Ecco allora che attraverso apposite macchine erogatrici viene fornita al paziente la giusta quantità di ossigeno, al pari di una terapia farmacologica di tipo più “tradizionale”.
Ossigenoterapia: cenni generali
L’ossigenoterapia è diventata popolare solo a partire dal 1917. Ad oggi questo trattamento è considerato tra i più sicuri ed efficaci a disposizione e solo difficilmente può dare adito a complicanze. Nel caso in cui si riscontri che il paziente soffra di carenza d’ossigeno nel sangue (come per esempio nel caso di traumi importanti, shock o patologie respiratore croniche) si procede con la somministrazione di una miscela speciale, normalmente contenuta in serbatoi di ossigeno in forma gassosa, in contenitori di ossigeno liquido e nei cosiddetti concentratori di ossigeno.
Sono quindi di due tipi le situazioni in cui può rendersi necessario ricorrere alla ossigenoterapia: condizioni croniche in cui l’uso di questa terapia è normalmente a lungo termine, come la BPCO (o Bronco – Pneumopatia Cronica Ostruttiva), l’asma, la bronchite cronica, stadi di insufficienza cardio-respiratoria avanzata, tumori e malattie degenerative in fase terminale; condizioni acute durante le quali la somministrazione di ossigeno è da considerarsi a breve termine e soprattutto salva-vita, come nel caso di emorragie gravi, anafilassi, ipotermia, embolia gassosa e intossicazione da monossido di carbonio.
A seconda delle situazioni l’ossigenoterapia può essere condotta sia in ambiente ospedaliero che domestico. Tendenzialmente si tende a preferire l’ospedale nel momento in cui la condizione del paziente è critica e suscettibile a variazioni improvvise, per cui si rende fondamentale un monitoraggio costante del personale sanitario. Ma quando, per quanto possa la situazione essere ancora grave, il paziente è stabilizzato, o comunque la sua condizione si è resa cronica, allora si preferisce rimandarlo a casa per condurre la somministrazione di ossigeno in ambiente domestico.
Ossigenoterapia: strumentazione tecnologica
Abbiamo già visto che possono essere impiegati tre tipi diversi di erogatori di ossigeno: i serbatoi di ossigeno gassoso, i contenitori di ossigeno liquido e i concentratori di ossigeno. Vediamoli adesso un po’ più nel dettaglio, insieme agli altri strumenti implicati nella ossigenoterapia.
Serbatoi di ossigeno gassoso
Questo genere di erogatore, rigorosamente metallico, per l’ossigeno può avere diverse dimensioni, a seconda della quantità di gas compresso necessarie al paziente. Gli esemplari più piccoli possono anche essere trasportati dal paziente tramite apposito zainetto o carrellino nel corso delle sue attività quotidiane.
Contenitori di ossigeno liquido
Se nel primo caso abbiamo a che fare con vere e proprie bombole di gas, in questo caso i contenitori conservano l’ossigeno sotto forma di liquido refrigerato che, al momento dell’erogazione viene trasformato in gas mediante apposito processo di ebollizione. Anche se l’ossigeno liquido può essere travasato in contenitori più piccoli, questo genere di erogatori di ossigeno è tendenzialmente di grandi dimensioni e viene utilizzato soprattutto nella terapia ospedaliera.
Concentratori di ossigeno
I concentratori di ossigeno sono delle macchine collegate alla presa della corrente elettrica in grado di prelevare l’ossigeno presente naturalmente nell’aria, separandolo dagli altri gas e particelle. Purtroppo il limite di questi macchinari è che in assenza di corrente elettrica non funzionano, quindi è necessario che il paziente abbia sempre a disposizione un metodo di somministrazione di ossigeno alternativo.
Pulsossimetro
Come è facilmente intuibile, possono variare anche i metodi con cui viene somministrato l’ossigeno al paziente: si va da soluzioni poco invasive, tipo il sondino nasale, a veri e propri interventi chirurgici, come la tracheotomia, o stanze dove si respira ossigeno puro al 100% (la camera iperbarica). Indipendentemente dal metodo scelto dal medico per somministrare ossigeno al paziente, è di fondamentale importanza monitorare costantemente la quantità di questo elemento nel sangue. Per fare ciò è necessario ricorrere a un piccolo strumento assolutamente non invasivo, il pulsossimetro, che monitora la saturazione di ossigeno nel sangue e controlla anche altri parametri vitali, come la frequenza cardiaca.
Ossigenoterapia: benefici e criticità
L’ossigeno è un elemento altamente infiammabile e per questo è molto elevato il rischio di incendi. Proprio come è pericolosa una carenza d’ossigeno, così è altrettanto preoccupante un eccesso di ossigeno nel sangue perché può provocare, oltre a facilmente intuibili problemi polmonari, anche disturbi alla retina, convulsioni e traumi all’orecchio medio (come la rottura del timpano).
Con le dovute accortezze è però innegabile che l’ossigenoterapia porti numerosi benefici, non ultimo salvare la vita al paziente. Nello specifico si riduce lo stress cardiaco legato alla malattia e migliora in generale la qualità di vita (soprattutto per quanto riguarda il sonno e la tollerabilità allo sforzo).